Chiesa Cattolica in Sinope
Storia della chiesa latina cattolica di Sinòpe (Turchia)

 

Il cristianesimo a Sinope ha sofferto fin dall’inizio. Così il conosciuto e stimato martirio di S. Foca nei primi secoli fa quasi da paradigma alla fede cristiana in questa città. Qui la chiesa comunque ha continuato a vivere in modo modesto nonostante le invasioni degli arabi, del selgiuchidi e degli ottomani. Poi ai cristiani orientali si unirono anche quelli latini. Una fra le ultime presenze cristiane fu quella dei Padri Cappuccini che furono in città dal 1846. Si presero cura specialmente dei levantini. La loro attività riuscì a risollevarsi anche dalla guerra di Crimea a metà del XIX secolo. Qui costruirono un convento, una cappella e con le Suore di S. Giuseppe dell’Apparizione istituirono anche una scuola. La loro attività andò praticamente distrutta nel 1922 con le guerre che portarono alla formazione dello stato turco.

 

CENNI DI STORIA PRE-CRISTIANA A SINOPE

Stando alla tradizione è stata fondata dalle Amazzoni. Nei testi Ittiti si menziona la regina Sinova (da cui il nome Sinope), come una donna realmente esistita. Probabilmente ha costituito una sosta per gli Argonauti, con quel braccio di terra steso sul mare.
Nell’812 a.C. viene ricostruita dai Milesi, comparsi nell’Eusino per monopolizzare il commercio della Coclide. Nel IV secolo a.C. vede i natali del filosofo Diogene. Al passaggio via mare di Senofonte e dei 10.000 (400 a.C.) ha una importanza primaria: Cerasos (Gıresun) e Trapezus (Trebisonda) sono considerate colonie. La sua flotta domina il mare.
I sinopesi sono larghi di provvigioni verso i soldati di Senofonte. Indubbiamente fra la folla curiosa, si aggira uno sconosciuto ragazzo di 13 anni: Diogene (413-323 a.C.), il figlio più illustre di Sinope. Fra non molto però aiuterà il padre a coniare false monete, per cui seguirà il genitore bandito in Atene, dove brillerà per la sua filosofia cinica.
L’assedio di Mitridate IV del Ponto (220-219 a. C.) cade nel vuoto. Solamente con un felice colpo di mano se ne impossessa Fornace I (183 a.C.) facendola la capitale del Ponto. Gli Egiziani vi innalzano un tempio a Se rapide. Mitridate V (154-120 a.C.) che vi è nato fa costruire un sontuoso palazzo regale e diversi templi. Nella sua reggia, per intrighi di palazzo, viene trucidato da un sicario durante un banchetto (120 a.C.); la vedova Laodice governa come tutrice del figlio quindicenne … e Mitridate VI, Epuratore, detto anche il Grande, arrivato al potere, fa di Sinope la diretta antagonista di Roma.
Le guerre di 25 anni (88-63 a.C.) non hanno rappresentato certamente una passeggiata per le legioni romane impegnate tre volte (da Silla, 88-84; da Luccullo, 83-82 prima e 74-67 dopo ed infine da Pompeo, 66-63). Nell’autunno 73 a.C. vi pongono l’assedio le legioni di Lucullo, ma difesa dai pirati di Seleuco, resiste tre anni (70 a.C.): questi prima di ritirarsi, saccheggiano la città e incendiano le navi che non possono far partire (70 a.C.).
Nella primavera del 68 a.C. Mitridate però è di ritorno, mentre Lucullo si trova in Armenia. Alla fine Pompeo Magno nella battaglia notturna di Lico (66 a.C.), sbaraglia l’esercito di Mitridate ed occupa tutto il Ponto. Sinope viene ricostruita per ordine del generale romano che vi fa seppellire la salma del vecchio Mitridate speditagli dal figlio Fornace II che riesce a farsi riconoscere re del Bosforo Cimmerio (64 a.C.)
Approfittando dei disguidi fra Cesarini e Pompeiani Fornace II però, attraversando l’Armenia, riconquista il Ponto (48 a.C.). Arriva dall’Egitto Cesare in persona e ne stronca per sempre, alla battaglia di Zela, le velleità poetiche (2 agosto 47), comunicando a Roma il primo laconico telegramma (Veni, Vidi, Vici). Fornace raggiunge Sinope con mille cavalieri e si imbarca per il Bosforo (Crimea). Con le riforme di Augusto il porto di Sinope diviene ancoraggio della VI flotta detta del Mare Eusino. Traiano la collega a Bisanzio con una strada militare ed il governatore Plinio il giovane vi posta nuove acque, ha mutato pure il nome in Colonia Julia Felix. La città ha un ippodromo e si arricchisce di palazzi e di templi.

STORIA DEL CRISTIANESIMO A SINOPE (SINOP)

Gli inizi

Quando vi arrivò il cristianesimo, probabilmente qui predicato secondo la tradizione dai fratelli e apostoli Andrea e Pietro, la città godeva di un certo benessere economico; infatti dal VI a.C. al III d.C. si è trovata un'abbondante monetazione. Anche per quanto riguarda il cristianesimo Sinope è densa di memorie (ricordiamo che ala Pentecoste erano presenti anche persone del Ponto). Significativa poi appare la menzione della Lettera di Pietro ai cristiani “dispersi nelle regioni del Ponto… e della Bitinia” (1,1). Senza dubbio, nei primi anni del II secolo, la città apparteneva ai luoghi nei quali Plinio aveva constatato un forte numero di cristiani (Lettera 98). È certo che in quegli anni la Chiesa di Sinope doveva possedere già una organizzazione a carattere episcopale. Non ci è noto il nome del Vescovo che la resse nei primi decenni del II secolo ma ben conosciuto il nome di suo figlio: l'eretico Marcione. Fu con il crescere del numero dei cristiani appartenenti alla comunità che essa fu influenzata e combattuta da personaggi lontani dall'ortodossia (oltre a Marcione famosa fu anche Aquila).

La lotta contro le eresie

Marcione è nato a Sinope verso l'85 d.C. e pare che egli sia stato scomunicato addirittura da suo padre. Tertulliano presenta Marcione come un ricco armatore navale (De praescriptione, 30,1). Venuto a Roma, entrò a far parte di quella Chiesa cui fece dono di 200.000 sesterzi, somma che gli fu restituita quando nel 144 venne bandito dalla comunità. A seguito di questo allontanamento Marcione fondò una Chiesa dotata di gerarchia, di teologi e persino di martiri. Essa si estese «sino agli ultimi confini della terra» (Giustino) e rimase in vita sino alla metà del V secolo.
L'intento originario di Marcione pare non fosse quello di costituire una nuova Chiesa, ma di annunciare il messaggio di Gesù che gli pareva adulterato dalla comunità cristiana del suo tempo. Il nucleo della dottrina marcionita era la proclamazione della redenzione operata da Gesù per la misericordia di Dio Padre. La constatazione che il Dio veterotestamentario non presentava i tratti di misericordia del Dio annunciato da Gesù, portarono Marcione a distinguere il Dio benevolo e padre di Cristo che salva liberamente e per amore, dal Dio dell'Antico Testamento, signore di questo mondo che vincola a sé mediante il timore e la legge.
Conformemente a questo orientamento l'eretico rigettò tutti i libri dell'Antico Testamento ed anche taluni del Nuovo che riteneva interpolati da giudaizzanti. Non v'è dubbio che Marcione rappresentò uno dei più grandi pericoli per la comunità cristiana del II secolo. «Egli esercitò un'influenza fondamentale sullo sviluppo della Chiesa, mettendola in guardia contro il pericolo realmente esistente ai suoi tempi della deformazione del "kerygma" in senso legalista» (B. Aland).

Aquila fu forse contemporaneo di Marcione e come lui originario di Sinope. Fu il proselita giudeo Aquila detto autore d'una versione greca dei LXX. Epifanio di Salamina riferisce di un suo accostamento alla Chiesa che non ebbe seguito per l'inconcilíabilítà tra la dottrina cristiana e l'astrologia di cui Aquila era cultore (De Mensuris, 14.15). Pare che egli, espulso dalla comunità cristiana, si sia convertito al giudaismo ed abbia composto la sua versione greca dell'Antico Testamento, con intenti anticristiani, volendo cioè soppiantare la precedente versione dei LXX alla quale i cristiani si riferivano perché più vicina al loro sentire.

I martiri: S.Foca e gli altri

Nel III-IV secolo a Sinope ebbe luogo il martirio di Foca, originario della città del quale il vescovo Asterío di Amasea (Amasya) scrisse il panegirico intorno al 400, così stringato, documentato e presentato con tono di rapida sequenza, come di cronaca giornalistica, da non lasciare dubbio alcuno sull'autenticità del personaggio celebrato. Risulta che in questo tempo il culto del martire aveva varcato i confini del Ponto Eusino giungendo a Costantinopoli, a Roma, in Siria ed in Sicilia. Asterio ricorda che Foca era venerato quale patrono dei marinai in pericolo, elemento questo non fortuito se si pensa che la città marittima di Sinope aveva particolare venerazione per i Díoscorí, ritenuti essi pure patroni della gente di mare. Il martire Foca, rappresenta, allora, la versione cristiana dei due gemelli, dotato come loro degli stessi ambiti di intervento e dello stesso potere. Egli gode di una vastissima devozione tanto in Oriente come in Occidente, al punto che c'è chi lo festeggia a marzo (ad esempio il 5), chi a luglio e chi il 22 settembre.
Lo troviamo accanto ai grandi martiri dei primi anni del secondo secolo come Ignazio di Antiochia e Simeone di Gerusalemme, ultimo dei parenti immediati di Gesù. Ortolano/giardiniere abitante a Sinope, probabilmente benestante, dato che è famoso presso i suoi contemporanei per la sua generosità verso i poveri e per l'ospitalità che offre a tutti nella sua casa. Vive in una Sinope con un grande porto sul Mar Nero ed è cristiano, il che, all'epoca in cui vive, non è certo una scelta di comodo o una semplice tradizione di famiglia, visto che continuamente i cristiani sono perseguitati e uccisi dall'imperatore di turno, che in questa maniera si illude di spegnere la nuova religione che sta prendendo piede.
Foca, oltre che generoso ed ospitale, è forse anche un personaggio in vista; oppure la sua testimonianza è così limpida e convincente da rappresentare un pericolo per l'autorità politica. Così viene condannato a morte senza processo e mandano due sicari sulle sue tracce, con il preciso incarico di eseguire immediatamente la condanna capitale. Per ironia della sorte i due sicari, giunti nei pressi di Sinope, bussano proprio alla porta di Foca per avere informazioni sul “pericoloso cristiano” di cui sono alla ricerca e si vedono spalancare la porta di quella casa, tradizionalmente ospitale, offrire un pasto sostanzioso e un buon letto su cui riposare. Non hanno nessun problema a rivelare a quell'uomo così cortese il motivo del loro viaggio e non si fanno scrupoli nel chiedergli consiglio sul modo migliore per giungere in fretta a mettere le mani su quel tal Foca e così portare a termine la loro missione. Invitati a trascorrere la notte in quella casa con la promessa di ricevere dal loro ospite utili indicazioni il mattino successivo, quale non è, al risveglio, la loro sorpresa nel trovarlo di buon mattino già in giardino, dove ha appena finito di scavare una fossa. Ma alla sorpresa si aggiunge un più che comprensibile problema di coscienza, nello scoprire che è proprio lui quel Foca di cui sono alla ricerca. Che li invita a compiere il loro dovere, dato che non ha voluto, anche se avrebbe potuto mentre dormivano, sfuggire ai suoi carnefici, ai quali anzi ha risparmiato anche la fatica di scavargli la fossa. E in quella lo seppelliscono dopo averlo trapassato con la spada, in mezzo ai fiori ed agli ortaggi del suo giardino, umile seme di autentica testimonianza cristiana. Giardinieri, ortolani e i marinai orientali lo venerano loro patrono. Viene invocato contro il morso dei serpenti: secondo la tradizione, chiunque, dopo il morso, aveva la possibilità di toccare la porta della basilica del martire veniva immediatamente risanato. L'ospitalità, si sa, è dovere di ogni buon cristiano; l'amore vicendevole ed il perdono fraterno anche. Ma arrivare al punto da preparare cena, prestare il proprio letto e fornire lenzuola di bucato ai propri assassini è eroismo puro.
Il 7 aprile si ricordano i santi martiri di Sinope uccisi nel IV secolo. Sempre qui nel 322 furono rinvenuti in mare, da alcuni pescatori, i resti del corpo di San Basileo di Amasea (Amasya) vescovo, ucciso a Nicodemia (Izmit). I resti furono trasportati ad Amasea.

I vescovi

Il primo che viene ricordato è l'ariano Proeresío che prese parte al concilio di Gangra (340 ca). Meritano d'essere poi menzionati Zenone e Gregorio. Il primo, nel concilio del 712, s'oppose pubblicamente all'imperatore Fílíppico Bardane che voleva imporre il monoteismo come la sola religione di stato. Tale opposizione costò a Zenone l'esilío. Dal canto suo, Gregorio partecipò ad una rivolta contro l'imperatore Costantino VI che gli costò la condanna a morte (793).

Le incursioni islamiche

Nell’832, approfittando della incursioni arabe, un certo Teofobo, comandante della guarnigione bizantina, si dichiara re di Sinope. Per 10 anni (1204-14) Sinope è legata all’impero bizantino Comneno di Trebisonda, poi passa al sultano dei Rumi (selciuchidi) Izz e Tin Kaykobat. Durante l’assedio Alessio Comneno, imperatore di Trebisonda, resta prigioniero e suo fratello Davide muore. Ad Alessio non resta che riscattarsi, retrocedere i suoi confini al fiume Halys (Kizilirmak) e ritornare a Trebisonda a governare quell’impero di poca terra, ma di molte ricchezze e d’indimenticabile sfarzo (1214).
Nel 1295 è visitata da Marco Polo, reduce dalla Cina e nel 1301 passa nelle mani degli emiri di Kastamonu (Isfendiyar) che ne fanno di nuovo una capitale, e permettono ai Genovesi di avervi una fortezza (1301). Si assicurano un quasi monopolio del commercio lungo le coste sino alla Crimea. Il Sultano ottomano Bayzit I, detto il fulmine, nel sottomettere parte dell’Asia Minore, marcia verso l’interno: l’emiro di Kastamonu, che si rifugia a Sinope, viene a patti col vincitore che gli lascia la città ed il territorio (1394). Non sentendosi però sicuro corre da Tamerlano già famoso per le conquiste in oriente. Infatti Tamerlano giunge e batte Beyazit ad Angora facendolo prigioniero (1402)… ma dopo tali conquiste ritorna nei suoi stati e l’impero ottomano risorge. Anzi Amurat II, nel 1423, compie una spedizione contro il principe di Kastamonu, il quale deve sottomettersi, cedere le ricche miniere della sua terra e sua figlia al sultano. Sinope continua così a sopravvivere, ma ridotta all’impotenza, sino alla primavera 1461. Col porto bloccato da una flotta di 150 vele l’ultimo Isfandiar accetta di cedere la città al sultano Maometto II che lo compensa con possedimenti in Bitinia. Nel'anno 1458 la città passò poi alla dinastia degli Ottomani. Così in questi secoli di guerra anche la chiesa non trovò molta pace sotto queste dinastie. A metà del XIX secolo ai cristiani orientali si uniranno anche quelli occidentali giunti per motivi di lavoro. I frati cappuccini italiani nel 1846 vennero a sostenere spiritualmente specialmente quest'ultimi, costruendo un luogo di preghiera.
Il nome di Sinope è infine legato alla guerra di Crimea (1853-1856) che ebbe inizio proprio qui allorchè alcune unità della marina russa assalirono una flottiglia turca e presero a bombardare anche la città (30 novembre 1853: eccidio di Sinope). Con la fine della guerra turco-greca (1922) e l'esodo dei greci dal Ponto (1923) il cristianesimo viene fatto scomparire totalmente dalla città.

LA CAPPELLA DEI CAPPUCCINI E LA SCUOLA DELLE SUORE (1846-1922)

I Cappuccini italiani, espulsi dalla Georgia e rifugiati a Trebisonda (1845) fondano la Missione del Mar Nero. Propaganda Fide chiede alla nuova Prefettura Apostolica (13 marzo 1845) nella persona del Prefetto P. Damiano da Viareggio, di trattenere solamente i missionari necessari e di inviare gli altri a Costantinopoli. Due degli otto reduci dalla Russia, cioè P. Emanuele da Iglesias e Cherubino da Serravezza, si imbarcarono per la Metropoli. Sia a Samsun che a Sinope trovano comunità cattoliche e ne informano il Prefetto il quale l’anno seguente (1846) apre le missioni di Sinope, inviando  P. Emidio da Morrovalle che vi trova 20 cattolici, e di Samsun  con P. Fiorenzo da Forgiano, per curare i 25 cattolici.
Il Padre Emidio, a Sinope, abita provvisoriamente nella casa di un turco presa in affitto ma questa sua presenza è osteggiata dalla popolazione. Nel novembre (1846) il Prefetto è a Sinope, per le prime cresime: solamente l’anno dopo cresimerà in Trebisonda e tre anni dopo in Samsun (1849). Nel 1847 il p. Emidio per mezzo del Console Francese riesce ad ottenere dalla Sublime porta il firmano per la costruzione di un ospizio per i Cappuccini. Egli ebbe anche l'autorizzazione dal Viceprefetto della Missione: il p. Bonaventura da Stabio (il Prefetto p. Damiano si trovava in Italia per delle cure). Questo non era molto gradito dai greco-ortodossi.
L'epidemia di colera che si diffuse in quella regione negli anni 1847-48 fece guadagnare al popolo di Sinope la stima per i Padri Cappuccini. Essi rischiavano la vita per venire in aiuto delle persone mentre gli altri ministeri religiosi cercano prima di tutto di salvare la propria. Per questo motivo dopo l'epidemia i frati poterono agire più liberamente e così nel 1850 fu finito il nuovo ospizio con una cappella.
Nel 1852 P. Emidio viene richiamato a Trebisonda dal nuovo Prefetto Filippo M. da Bologna, per andare ad aprire la missione di Erzurum.  A Sinope va P. Benedetto da Iglesias (1852-1855). Per ottenere il protettorato su tutti i greci ortodossi dall’Impero Ottomano, lo zar di Russia Nicola I invade i principati danubiani (3 luglio 1853) e manda la flotta comandata da Vachimoff dinanzi a Sinope: distrugge la squadra turca nella rada e scaglia un infernale bombardamento sulla città (eccidio di Sinope). Da tutta l’Europa si leva un grido di orrore: Francesi ed Inglesi, cui si aggiungono i Piemontesi di Cavour, partono per l’assedio di Sebastopoli (Crimea).
Nel bombardamento ospizio e cappella dei cappuccini restano quasi completamente distrutti. Il Prefetto provvede ad acquistare un'altra proprietà più grande e grazie alle offerte ricevute dall’armata che occupava Sinope ed alla somma avuta dal sultano, quale indennizzo, può costruire un  nuovo ospizio ed una nuova cappella e nello stesso anno apre una scuola per i ragazzi (1854).
Seguono i Padri Giuseppe da S. Romolo (1857-60), Girolamo da Caltanisetta (1860-63). Luigi da Piacenza (1864-67), Giancrisostomo da Piacenza (1867-70), ecc…i quali curano pure le comunità di Ineboli, finchè non sarà residenza a parte (1913) e di Kastamonu. Dal registro dei battesimi si vede che accanto a questi padri collaboravano anche altri: venivano da Samsun, da Amasya ecc. Alla fine del XIX secolo troviamo anche Policarpo Maria da Smirne ad occuparsi della comunità.
La Prima Guerra Mondiale segna però la rovina della missione in Sinope, come di tante altre città costiere. Non è ancora la fine. Questa verrà nel 1922. La Missione consiste in due case e un giardino. La casa più piccola ha il salotto che funge da cappella, una camera e cucina per il missionario e più altri vani. La più grande, a tre piani, è la scuola che ospita pure le suore di S. Giuseppe dell’Apparizione. Il giardino è coltivato a tabacco. Nel 1922, durante la guerra di liberazione turca di Mustafa Kemal (Atatűrk) contro i Greci, il quartiere greco e quello turco di Sinope vengono distrutti. Al Missionario non resta che rifugiarsi a Samsun: le case sono danneggiate. Nonostante questo un turco occupa la casa senza però pagare l'affitto. I frati ormai abituati a vedere non riconosciuti i loro diritti decidono di non andare per vie legali.
Nel dicembre del 1933 P. Leonardo Martinelli, missionario a Samsun, ricevuta notizia che che l'inquilino se ne era andato dalla casa si reca a Sinope. Trova la casa così disastrata che occorrerebbero 500 lire turche per ripararla: difficile da affittare o anche solo metterci un custode a pagamento. Il Superiore, P. Giovanni da Fivizzano, lo autorizza per la vendita. Così proveniente da Ineboli, P. Leonardo, il leone ruggente del Mar Nero vi ricompare e prende alloggio al “Kurtuluş oteli” (l'albergo della salvezza) provvisto di quattro letti in due camere, “il più lussuoso e il più miserabile della città” (P. Leonardo, Memorie). L’unica locanda è la “Kanaat Lokantası” (della contentezza); è là che il missionario siede a mensa “con orgoglio del locandiere che non aveva mai avuto un cliente con l’abito cappuccino e la barba fluente”; è là che incontra il tipo che ha in mano la proprietà della Missione, affidatagli da P. Francesco Sacchi da Scandiano. P. Leonardo incarica un “fellah” (pubblico annunciatore) di girare per le strade e gridare: “Si vendono due case ed un giardino, subito!”. Si presenta al ristorante un sarto che acquista il tutto per 1.100 lire turche. La vendita, con tutti i documenti, secondo p. Giovanni si sarebbe conclusa, in un secondo momento, il 27 dicembre per 1100 lire turche secondo altri all'Epifania del 1934.

LA CHIESA DELLA USAF (1953-1973)

La storia del cristianesimo in Sinope riprende dopo dopo un ventennio, grazie alla presenza degli americani che avevano qui costruito una Base aerea. Tale base militare è sorta nel 1953 - come a Samsun e Trebisonda sempre sul Mar Nero (chiuse poi nel 1970) - sorgeva sul luogo dell'antica acropoli, cioè nel primo promontorio sul mare, appena fuori la città. Non ci si deve stupire della costruzione di queste basi: era una necessità sentita molto a quel tempo data la situazione mondiale. Anche l'esercito turco fece costruire una base con radar a Rize. La costruzione fu commissionata agli italiani in collaborazione con la NATO. La cosa doveva rimanere completamente segreta però.
Tutte le basi americane ricalcano lo stesso stile, medesima organizzazione, disposte sui diversi padiglioni. Quella di Sinope presenta però le peculiarità di una "chiesetta" vera e propria (vedi foto sopra). Lunga e bassa come tante chiese in Inghilterra o nelle campagne degli Stati Uniti, col campanile a ridosso del presbiterio. È stata costruita dai militari americani nel 1957-58. Spese e costruzione furono frutto della fede cristiana degli americani: i soldati si erano autotassati e cattolici e protestanti avevano lavorato con le proprie mani in spirito ecumenico. È stata ufficiata la prima volta nella notte di Natale del 1958 (questa con la chiesa costruita sulla casa della Madonna di Efeso sarebbero gli unici due edifici ecclesiali costruiti sul territorio turco dalla nascita della Repubblica).
Sul campanile le autorità turche non hanno lasciato innalzare la croce di ferro perché si dice che "attirasse i fulmini..." e neppure hanno permesso che si mettesse sull'abside esterna perché guarderebbe verso l'URSS invece che ad oriente. Però sul muro del campanile, rivolto verso i padiglioni, i militari hanno lasciato un'apertura a forma di croce che riflette la luce all'interno, tramite una vetrata gialla.
L'ufficio del cappellano cattolico era posto a destra sull'entrata e quello del segretario sulla sinistra. L'altare, rivolto verso il popolo aveva sullo sfondo una tela gialla con disegni e la scritta: "Ognuno è unito a Cristo". Vi si conservava il Santissimo Sacramento e vi era il gruppo dell'Holy Name. Durante la liturgia cattolica si apriva, come si potrebbe dire, il sipario, lasciando il Tabernacolo centrale ben in vista.
In casi di temporanea assenza il Cappellano cattolico si rivolgeva, per la sostituzione, ai missionari cappuccini di Samsun o di Trebisonda: P. Gregorio da Villafranca, P. Germano da Verica o P. Tarcisio da Verica. Quest'ultimo ne ha lasciato una minuziosa descrizione nell'ultima sua comparsa del 13-14 marzo 1971 additandola come esempio di chiesa ecumenica (in Frate Francesco, giugno-luglio 1971).
La Base militare statunitense, la prima aperta sul Mar Nero, ben rifornita di Radar, sarà l'ultima a chiudere (1973). Sarebbe interessante conoscere con l'arrivo dei militari turchi alla Base in quale modo usano l'edificio costruito a fini di culto?

PARROCI A SINOPE

Parroco
Periodo
  Note
P. Emidio da Morrovalle
1846-1852
 
P. Bendetto da Iglesias
1852-1857
 
P. Giuseppe da San Romolo
1857-1860
 
P. Girolamo da Caltanisetta
1860-1863
 
P. Luigi da Piacenza
1864-1867
   
P. Giancrisostomo da Piacenza
1867-1870
 
P. Giancrisostomo da Alessandria
1894
  Il 3 aprile celebra un battesimo
       
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