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Web ufficiale della Chiesa Cattolica Pietro e Paolo di Antiochia (Turchia)

 

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CHIESA CATTOLICA
DI ANTIOCHIA

KATOLİK KİLİSESİ
PK 107 - Kurtuluş Cad.
Kutlu Sokak N.6
31002 Antakya-Turchia
Tel. 0090 326 2156703
Fax 0090 326 2141851

Indirizzo email:
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Messa domenicale

  17.00 (Inverno)
18.00 (Estate)

Messa feriale: 08.30

Preghiera serale: 18.30

web: Simone Matteoli

NOTIZIE INTORNO ALLA VITA QUOTIDIANA DELLA NOSTRA CHIESA


30 Dicembre 2018

Nell’OSSERVATORE ROMANO di oggi c’è un articolo di p.Egidio Picucci sulla CRONACA DI ANTIOCHIA 2018…. La città torna ai pellegrini di EGIDIO PICUCCI


La cronaca di padre Domenico Bertogli è l’immancabile strenna natalizia che da ventidue anni arriva perfino sulla scrivania dei Pontefici per far sapere che la sua piccola comunità cattolica antiochena vive indisturbata la propria fede come al tempo degli apostoli, quando Antiochia era un punto di incontro multietnico e quindi un formidabile centro di irradiazione del Vangelo al di fuori della comunità ebraica. La città è avvolta nel clima di quei tempi: in nessun altro luogo della Turchia le confessioni cristiane vivono in un’invidiabile armonia come qui, dove si mischiano ortodossi, musulmani, protestanti, aleviti, ebrei, pellegrini, curiosi, credenti e un’umanità variegata che arriva e riparte rappacificata con se stessa e con gli altri. Parrà strano ma gran parte di quest’atmosfera benefica si deve al piccolo, grande giardino della missione cattolica pieno di cielo e soffice di agrumi, dove la gente si incontra, parla, racconta, spiega, chiede, ascolta, canta, familiarizza. La cronaca lo riferisce con cenni brevi, ma efficaci, annotando che i musulmani vi filmano i sorrisi degli sposi novelli; i giovani ortodossi cantano insieme ai coetanei cattolici e islamici; i pellegrini chiedono notizie sui rapporti con l’islam; gli “inviati speciali” cercano di carpire informazioni sicure sulla libertà religiosa, agevolati dalla certezza di trovarsi al sicuro da orecchie indiscrete. Che poi vi arrivino anche un francese convinto di essere il “messia” incaricato di lasciare a padre Domenico un messaggio di conversione da parte di Gesù; una francese che da trent’anni vive da sola in Cappadocia «per rinascere spiritualmente» e tornare ufficialmente nella Chiesa cattolica dopo un’esperienza sufista; un hoca (prete musulmano) che accompagna la figlia laureanda per chiedere a un prete cattolico notizie certe sul luogo in cui «i discepoli di Rab Isa (il Signore Gesù) furono chiamati per la prima volta cristiani»; un professore ebreo che raccomanda alla comunità cattolica di pregare per la famiglia «colpita da una malattia misteriosa e scientificamente inspiegabile», è un corollario piacevole, ma secondario. Al cronista interessa far sapere quello che i giornali non dicono: la visita di consoli, ambasciatori, consulenti economici e politici, diplomatici di varie parti del mondo; l’insistenza di registi in cerca di scoop sensazionali; il completamento del muro fra Turchia e Siria lungo 711 chilometri; il regalo di un faro della città tedesca di Kiel, gemellata con Antiochia, con l’augurio che torni a essere un faro di luce come ai tempi apostolici; gli ottimi rapporti con le autorità civili che invitano a tutte le manifestazioni cittadine e che mandano auguri per Pasqua e a Natale affidandoli a uno striscione messo sulla stradina che conduce alla cappella cattolica, ripetendoli poi a tutte le confessioni cristiane nel salone della chiesa ortodossa, confessando di apprezzare la loro ecumenica unità; e che offrono gratuitamente il trasporto dei pellegrini e l’impianto acustico alla Grotta di San Pietro — sfondo topografico della sicura presenza dell’ap ostolo ad Antiochia — per la festa di fine giugno, a cui partecipano, numerosi, anche i musulmani. La notizia più bella, comunque, è quella relativa al ritorno dei pellegrini dopo due anni di assenza pressoché completa. Dai sei gruppi del 2017 («il minimo storico da quando sono ad Antiochia», ricorda padre Domenico) si è passati ai diciannove del 2018, provenienti da nove paesi, per un totale di centocinquanta pellegrini e altrettanti accompagnatori. Cifre contenute, d’accordo, ma significative, tenendo conto sia della crisi economica sia di quanto sta accadendo sul vicino confine siriano. Impressionante poi l’aumento dei visitatori turchi, che «ci interpella su come valorizzare maggiormente questa opportunità». Moltissime, come sempre, le notizie su alcune particolari situazioni nazionali, come la rivolta dei commercianti di Trabzon per la trasformazione della chiesa di Santa Sofia in moschea, con effetti su turismo e affari; l’analfabetismo; il numero dei matrimoni e dei divorzi; la natalità; la quantità degli universitari; la presenza di due diaconi prossimi al sacerdozio; l’invito a pranzo, da parte del mufti, dei rappresentanti di tutte le confessioni religiose presenti in città; il ritiro dei francescani conventuali da Iskenderun, sede del vicariato apostolico dell’Anatolia; la fiorente attività commerciale di un imprenditore italiano; la scomparsa di Babbo Natale sostituito brillantemente dai Re Magi; la sorprendente presenza di una famiglia cattolica nel villaggio armeno di Vakifköy; il battesimo e la cresima di due adulti provenienti dal mondo non cristiano, e di una bambina figlia di una polacca e di un alevita antiocheno; la veglia pasquale che, di notte, si fa solo ad Antiochia e a Istanbul; la ripartizione religiosa di circa 120.000 persone tra ortodossi orientali (siriaci e armeni), cattolici romani, greco ortodossi, protestanti, aleviti. Non è allora fuor di luogo dire che la breve cronaca del parroco-narratore, che sa quanto il particolare sia segno del carattere storico dei fatti, e non lo trascura, oltrepassa i confini di Antiochia perché la città, fuori di ogni nostra geografia, più che dei suoi abitanti è dei pellegrini di tutto il mondo che qui scoprono come il cristianesimo possa tornare alla sua freschezza iniziale.